Comprare equo è comprare un’idea diversa

Nell’autunno del 2021 a Glasgow una conferenza di paesi industrializzati e in via di sviluppo si è riunita per cercare, idealmente, delle strategie per frenare il cambiamento climatico e aprire la strada a nuove modalità di sviluppo. Le timide e poco convinte dichiarazioni dei leader mondiali, in una conferenza per altro sotto l’aspetto politico fallimentare, non fanno altro che portare alla luce ideali e propositi che da sempre sono le fondamenta del commercio equosolidale e delle filiere di solidarietà globale.

Da sempre infatti i movimenti ambientalisti e di sostegno allo sviluppo hanno evidenziato l’intrinseco legame tra la tutela dei diritti dei lavoratori e il rispetto per l’ambiente e gli ecosistemi. Negli anni anche Bottega Solidale e le altre realtà del commercio equo si sono impegnate in questa direzione: dalla scelta di filiere più corte possibile, all’appoggio esclusivo a cooperative e produttori che coltivano varietà a rischio o usano sistemi ecocompatibili per il risparmio idrico e la conservazione dell’ambiente, fino alla scelta di pack sempre più sostenibili. La Generazione Z ha accelerato questi processi di ricerca, raccogliendo l’eredità ideale dei movimenti ambientalisti degli anni ’70 e scendendo nelle piazze con scioperi e manifestazioni per chiedere un cambiamento radicale da parte di tutti noi, a partire dalle abitudini. Così negli store di Bottega Solidale sono arrivati pack riciclabili in carta, prodotti bio e vegan, nonché linee cosmetiche “nude” cioè con packaging quasi assente o riciclabile al 100%, come i prodotti da doccia solidi.

Ma non si tratta solo di ambiente. La crisi climatica non colpisce tutti allo stesso modo: a farne le spese sono sopratutto i paesi in via di sviluppo, le classi sociali meno abbienti e le categorie marginalizzate, dai migranti alle donne, dalla comunità lgbtq alle minoranze etniche, fino ai popoli nativi. Anche in questo caso il mercato equo agisce differentemente rispetto alle multinazionali, più propense a lavarsi la coscienza con campagne ad hoc che ad attuare un cambiamento vero e radicale. “Pink washing” “Rainbow washing” e “Greenwashing” sono alcuni dei termini dell’attivismo intersezionale e internazionale entrati nel vocabolario di tutti, ma non del commercio equo; perché il commercio equo non contempla una rivoluzione che sia solo di facciata. Per questo le filiere sostenibili del mercato equo prediligono progetti volti al recupero delle persone in difficoltà, all’inclusione delle categorie marginalizzate e al superamento della discriminazione di genere.

Da cooperative che garantiscono parità di genere e retribuzione a progetti che tendono una mano a carcerati o braccianti ex vittime di caporalato, Bottega Solidale come realtà di AltroMercato si impegna a sostenere progetti che cambino il mondo una persona alla volta, una storia alla volta. Fino alla fine più auspicabile (e forse incredibile) del percorso: cioè una realtà commerciale che si rende indipendente dall’aiuto di Bottega, perché riesce a proseguire con le proprie forze. È il caso ad esempio del fornitore bengalese della magliette in cotone 100% bio O’Press, che ha deciso di rinunciare al supporto di Bottega Solidale perché riesce ormai ad essere fornitore alla pari e gestire i rapporti commerciali in autonomia.

Promuovere la cooperazione non significa infatti “piovere dal cielo per fare miracoli” ma condividere competenze e risorse per permettere a una realtà di crescere, fortificarsi e, alla fine, camminare sulle proprie gambe in armonia con gli altri e con il Pianeta. Perché si cresce davvero se si cresce tutti insieme, e bene.