Il commercio equo: storia di una lotta al sistema 

Sovvertire un sistema basato sullo sfruttamento dei popoli e delle risorse naturali è stato il motore delle iniziative di chi credeva in un commercio diverso fin dalle origini. Già negli anni ’30 e ’40 alcune confraternite religiose statunitensi raccoglievano (o producevano) e vendevano fuori dalle chiese piccoli oggetti di artigianato, ma l’intento dichiarato di questi gesti era raccogliere fondi da destinare alle elemosine. Un approccio più organico e sistematico al commercio equo nasce trent’anni dopo, quando negli anni ’60 le rivolte studenteschi e i nuovi principi delle Beat e Hippy Generation spingono piccoli gruppi di studenti a cercare strade alternative e nuove forme di scambio che possano estromettere le grandi multinazionali, tacciate di sfruttamento del lavoro e di affamare i paesi in via di Sviluppo. In questa fase la lotta al capitalismo coloniale si mescola alle istanze di cambiamento dei giovani di Berkley, alla lotta per i diritti civili in America e alla “terza via” di alcuni paesi non allineati del Sud America.

Ma è nel 1988 che il mercato equo si organizza e unisce le diverse cooperative nel mondo sotto un’unica certificazione. Grazie all’incontro tra il prete lavoratore olandese Frans van der Hoff, e di un impiegato Nico Roozen, che nasce la prima rete di commercio equo e solidale che unisce tutte le realtà nate in quegli anni sotto un’unica egida: il noto simbolo che si trova ancora oggi sui prodotti che trovate nelle nostre botteghe. La loro prima certificazione si chiamava Max Avelaar, dal titolo del romanzo di  Eduard Douwes Dekker (in arte Multatuli) che aveva denunciato lo sfruttamento olandese nelle Indie Orientali, testo chiave per la lotta al colonialismo dal 1860 ai giorni nostri.

Sempre nel 1988 tre giovani studenti dell’Università di Innsbruk, Rudi Dalvai, Heini Grandi e Antonio Vaccaro,  fondano a Bolzano Altromercato, ovvero la rete di commercio equo italiana capace negli anni ’90 di penetrare le maglie della grande distribuzione e che coinvolge oltre 140 organizzazioni in più di 40 paesi nel mondo.

“Trade not Aid” è stato il motto dei movimenti fair trade del ’68, accolto dalle Nazioni Unite e ancora oggi eredità imprescindibile del mercato equo di oggi, che punta a creare cooperazione tra i popoli che vada oltre un acquisto in negozio o un’etichetta sincera. In un mondo che sta cambiando, ancora chi crede in questo progetto vuole continuare a cambiare il mercato.