Servizio Civile: storia di resilienza, coraggio e gioventù

Stai decidendo se candidarti come volontario del Servizio Civile Universale, ma ti servono più informazioni? Si tratta di una via alternativa al servizio di leva; per ottenerla, tanti giovani come te hanno dovuto manifestare e addirittura contraddire la legge. Ecco la storia di un’iniziativa che cambia, pacificamente, il mondo.

Oggi diamo quasi per scontato che ci sia un’alternativa al servizio di leva, ma una volta non era così. Anzi, a voler essere pignoli, ancora oggi in molti Paesi la leva obbligatoria è una tappa forzata nella formazione dei giovani. Questo spesso a spese dei giovanissimi di questi Paesi, che non hanno altra scelta che servire sotto le armi (e talvolta morire in servizio) o finire in prigione. È quello che succede, ad esempio, in Israele dove la leva obbligatoria è di 32 mesi per gli uomini e 24 per le donne, e chi si rifiuta è costretto a pene detentive. Ma anche nelle due Coree, in Tunisia e persino in alcuni Paesi europei l’obbligo di servire sotto le armi è ancora in vigore. 

In Italia, invece, l’obbligo di leva non esiste più dal 1° Gennaio del 2005, quando fu abolito con un decreto legge. Fu l’ultimo passo di un percorso durato decenni di battaglie, sacrifici e lotta pacifica di giovani come te, che credevano che l’unico sviluppo accettabile fosse da ottenere con le vie della pace.

PASSATO

Capitolo 1: la rivolta gentile dei ragazzi di leva

Fu la legge 772 del 1972 a istituire per la prima volta il Servizio Civile. Prima, come racconta Francesco Ferrari del cda di La Bottega Solidale: «c’era la leva militare obbligatoria, solo per i maschi, a partire dai 18 anni. L’unica alternativa che era stata prevista era quella del cooperante internazionale: negli anni Sessanta le organizzazioni internazionali chiesero che figure competenti (agronomi, infermieri e altri) potessero essere esentati dal servizio militare per partecipare alle attività». Chi invece non voleva servire nell’esercito, ma nemmeno voleva essere parte di un’ong, aveva due scelte: «se eri chiamato e superavi la visita di leva, quindi eri considerato idoneo al servizio militare, venivi arrestato e processato, e scontavi la pena nei carceri militari, principalmente nelle due fortezze di Peschiera del Garda e Gaeta»; l’alternativa era cedere e spendere sotto le armi dai 12 dell’esercito e Aeronautica ai 18 mesi della Marina.

C’era però un’anomalia giuridica: «il periodo di carcere poteva durare anche dodici mesi, ma c’era una differenza fondamentale rispetto ai detenuti normali – racconta Ferrari – e cioè che mentre un detenuto una volta scontata la pena usciva e il suo debito con lo Stato era risolto, i renitenti alla leva una volta usciti si trovavano di nuovo chiamati a prestare servizio di leva». E dunque di nuovo si presentava la scelta: cedere e servire, contraddicendo i propri valori, o resistere e finire ciclicamente in carcere per larga parte della propria vita? Così, molti cedevano e servivano le armi controvoglia: erano poche centinaia i giovani che resistevano alla chiamata. Va detto che, in alcuni casi, erano i giudici a cercare scappatoie per evitare di incancrenire la situazione: «o si riconosceva l’inidoneità, per evitare accanimento, o i giudici pronunciavano gli imputati incapaci di intendere e di volere; praticamente – sintetizza Ferrari – era come dire “se è pazzo non può fare il militare”».

Ecco il percorso del Servizio Civile nel tempo

I ragazzi che si rifiutavano di servire potevano farlo per diverse ragioni: perché credevano nella non violenza, o perché aderenti a un credo religioso che rifiutava la guerra (come i testimoni di Geova o i cattolici radicali). È proprio dal mondo cattolico che mossero le prime critiche a questo sistema. Tra tutti, Don Lorenzo Milani, parroco della Chiesa di Sant’Andrea a Barbiana; fu questo religioso combattivo e rivoluzionario, che voleva partire dagli ultimi per rivoluzionare la società, che scrisse infatti due famose lettere aperte: “Lettera ai cappellani militari” e “Lettera ai giudici”. Due moniti severi e accorati per chiedere di non imporre le armi a 31 ragazzi detenuti a Gaeta perché renitenti alla leva. La voce di Don Milani fu osteggiata dalla stampa, da parte della Chiesa e anche da parte della politica, non solo di destra: «bisogna ricordare che all’epoca il PCI era favorevole alla leva obbligatoria: la considerava, rispetto ai valori della tradizione partigiana, un’atto doveroso».

Capitolo 2: il lungo cammino della nonviolenza

Ma Francesco Ferrari non fece il servizio di leva: fu infatti uno dei ragazzi che beneficiarono del servizio civile, dopo la sua introduzione nel 1972. «Restava comunque un sistema ingiusto – racconta – venivi sottoposto prima a un colloquio dei carabinieri, poi a una valutazione di una commissione nazionale o regionale». I tempi? Sia quelli di inizio servizio, sia quello della sua durata, a discrezione della commissione «che giudicava se le tue motivazioni erano solide, e dal momento che non accettavi le fatiche e le privazioni dell’anno in divisa, il periodo di servizio civile era più lungo: 18 mesi invece di 12. La tua domanda veniva rifiutata? Allora si tornava alla situazione di prima: o servivi sotto le armi, o finivi in carcere». Le valutazioni, molto spesso, erano di natura politica. Nel suo caso ad esempio: «ricordo che il brigadiere al colloquio obbligatorio mi chiese solo “Ma tu vai alle manifestazioni?”. Questo era il metro di giudizio. Io risposi no, e lui rispose “Ahhhh bravo bravo, bravo figlio. Vai pure”. Per il ministero della Difesa, da cui dipendevamo, eravamo “forza assente”, e l’importante era appunto questo: che non disturbassimo, che facessimo i “bravi ragazzi”».

I ragazzi e le ragazze di allora durante una manifestazione. Oggi alcuni di loro fanno ancora parte della nostra cooperativa (che hanno contribuito a creare)!

Fu fortunato Ferrari quando scelse il servizio civile nel 1988, per due motivi. Il primo è che si trovò molto bene nel suo ente, la Caritas di Genova, al punto che: «decisi di cambiare il corso della mia vita: lavoravo in banca, ma lasciai quel posto per lavorare nel sociale. Il bello del servizio civile di allora è che era praticamente autogestito, avevamo la massima libertà». Nel centro per anziani di San Eusebio, dove prestava servizio, incontrò Don Tubino, il parroco che avrebbe segnato la sua formazione e la sua identità: «era veramente un sant’uomo e una bravissima persona. Mi chiese di non limitarmi al servizio agli anziani nella casa, di partecipare anche ad attività esterne, per sfatare il mito del “renitente alla leva pigro e codardo”. È stato tra i primi ad aprire veramente la Chiesa agli ultimi». Il secondo motivo per cui Ferrari fu fortunato, è che proprio nel 1990, mentre prestava servizio, passò un’altra legge rivoluzionaria: quella che comparava il servizio militare e il servizio civile, non più misura punitiva. Era il risultato di manifestazioni e cortei durati 17 anni, di digiuni in piazza, di proteste. «Ricordo – racconta Ferrari – che quando alla televisione diedero la notizia piansi per due motivi: da una parte ero felice che avessimo finalmente raggiunto quel risultato; dall’altra ero molto dispiaciuto di lasciare il servizio in anticipo, perché chi era ancora in servizio oltre i 12 mesi doveva cessarlo con effetto immediato. Così decisi invece di rimanere come volontario e fare il formatore dei nuovi civilisti di Caritas».

Capitolo 3: fino alla fine dell’obbligo

Il cammino dei diritti non si ferma. Nel 1972 il servizio civile, allora sotto il controllo del ministero della Difesa, era già passato sotto la tutela della Presidenza del Consiglio dei ministri. Dopo la riforma del 1990, nel 2001 con l’istituzione del Servizio Civile Nazionale il servizio civile viene aperto, dopo anni di battaglie, anche alle donne. Era anche un segno del cambiamento dei tempi: nel 1989 la Cortina di Ferro non esiste più, crolla il Muro di Berlino, la Guerra Fredda si sgretola con lui. L’ansia di disporre di grandi eserciti viene meno, mentre inizia l’epoca delle missioni militari all’estero con pochi uomini minuziosamente preparati. I ragazzi della leva, insomma, non interessano più nemmeno all’esercito.

Infine, il 1° Gennaio 2005, si chiude un’epoca. Le cartoline di chiamata alla leva si fermano, gli avvisi non arrivano più: il servizio militare obbligatorio viene abolito con la legge n. 226. La non violenza, invece, continua per la sua strada.

In prima linea nelle emergenze

L’istituto del Servizio Civile ha affrontato negli anni diverse sfide. Tra queste, la pandemia del 2020 che ha messo a rischio la vita di miliardi di persone nel mondo e in seria difficoltà quelle organizzazioni che si occupano di sostenere persone già in condizioni precarie. Ma i servizio civilisti non si sono tirati indietro: la loro opera di volontariato è proseguita nonostante il virus, in via telematica o cercando alternative fantasiose ammesse dalle misure anticontagio.

Tra loro, Elena. Muniti di macchina e mascherine, lei e i suoi compagni portavano la spesa ai clienti trincerati in casa in quarantena. Oggi, è la vicepresidente della nostra cooperativa!

Non ci credi? Ascolta qui il suo racconto!

Servizio Civile di La Bottega Solidale: chi siamo oggi

Abbiamo superato gli anni difficili delle battaglie pacifiste, così come i due anni di Covid-19. Ora, ci attende un nuovo anno e nuovi giovani volontari con cui iniziare una nuova avventura. Anche tu sarai tra questi?Alcuni dei nostri ex volontari di Servizio Civile Universale sono rimasti con noi, e non vedono l’ora di conoscerti per condividere con te tutti i valori che hanno acquisito con questa esperienza!

Fai una scelta che cambia il mondo: entra a fare parte anche tu della nostra storia, con il Servizio Civile.